PD: nessuna indulgenza per chi ha riformato il titolo v della cosituzione
In riferimento alla legge sull’autonomia differenziata il presidente della regione Veneto, Zaia,
importantissimo leader della Lega Nord in un’intervista a Repubblica ha dichiarato: “non
abbandoneremo il Sud”. Il “padrone” è diventato magnanimo nei confronti della parte più povera
del paese e, sapendo che con l’autonomia differenziata quella parte povera diventerà ancora più
povera, ha voluto garantire benevolenza nei confronti dei poveri fratelli miserabili del sud. Questa
è la Lega Nord, e, purtroppo questi sono, anche, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il partito fondato da
Giorgia Meloni ha, addirittura nel nome le prime tre parole dell’inno di Mameli che stanno a
rappresentare l’unità nazionale, quell’unità che la Meloni ha tradito accettando di dividere in 20
parti diseguali sia dal punto di vista sociale ed economico che da quello civile. La dichiarazione di
Zaia, che si impegna a “non abbandonare il Sud”, richiama alla mente la dichiarazione pronunziata
il 10 gennaio 1859 dal Re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia, quando proclamò: “….non siamo
insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia sale verso di noi “. Sappiamo bene come è
andata a finire. Col supporto di Garibaldi, i Savoia, arrivati al Sud, lo hanno depredato, vi hanno
ridimensionato l’istruzione per evitare di formare uomini e donne pronti a imbastire una
opposizione contro i soprusi subiti, hanno distribuito ai propri fidati uomini i territori acquisiti alla
monarchia alimentando latifondi vergognosi, causa della distruzione dell’economia del Sud e
incubatrice del brigantaggio, prima, e della Ndrangheta dopo. Il “non abbandoneremo il Sud” del
“padrone” Zaia, che rappresenta il pensiero della attuale destra al potere, è lo stesso preludio di
nuovi disastri morali, civili, sociali ed economici perché è consapevole che la legge sull’autonomia
differenziata del governo Meloni ridurrà il sud a colonia abitata da sudditi per necessità,
conseguenza di una scelta strampalata di Salvini, di Meloni e di Tajani.
La destra al governo addebita alla sinistra, in ogni occasione di dibattito, che l’autonomia
differenziata è la normale conseguenza dell’introduzione in costituzione del nuovo Titolo quinto
approvato, nel 2001, dal governo Amato su proposta dei Democratici di Sinistra (DS), partito allora
egemonizzato da Massimo D’Alema. È la verità! Quindi, la segretaria del PD Elly Schleyn, deve
trovare il coraggio di dichiarare solennemente che quella riforma approvata dalla sinistra nel 2001
è stata un errore che ha gettato le basi per un disastro irreversibile per l’Italia. Sarebbe, per il
Partito Democratico, la liberazione da un cappio al collo che gli impedisce di porsi, nei confronti
del Paese, in piena libertà morale e psicologica contro questa legge e di prospettare tesi che
guardino al futuro con proposte di sviluppo di tutta l’Italia, con un occhio al Mezzogiorno, nei
termini indicati dai costituenti all’articolo 116, terzo comma della Costituzione, abrogato nel 2001.
Per essere credibili rispetto alle motivazioni avanzate dalla sinistra di oggi contro l’autonomia
differenziata, bisogna liberarsi dalle scorie di un passato confusionario e autolesionista perché non
si può convincere la gente se non si è convinti di quel che si dice. È comprensibile il disagio della
segretaria del PD. Al Nord il PD ha molti iscritti, militanti amministratori ed elettori che vedono di
buon occhio la legge sull’autonomia differenziata. Per uscirne, a questi stessi personaggi, si deve,
oggi, dimostrare che la legge Calderoli è pura propaganda e porterà al degrado economico,
politico e sociale anche i territori del Nord i quali, con un Sud povero e martoriato non saranno più
finanziati dai consumi del Meridione.
Il Partito Democratico, deve, senz’altro, fare sue le parole di Alcide De Gasperi: “il politico guarda
alle prossime elezioni, lo statista guarda alle prossime generazioni “. Diversamente, la storia potrà
emettere giudizi feroci nei confronti della sinistra italiana responsabile, con quella riforma del
2001, della divisione dell’Italia e dell’impoverimento irreversibile del Sud.
Domenico Francesco Richichi (Direzione regionale PD Calabria)