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Nemmeno la Calabria è rimasta immune dal diktat dei pentastellati. La coordinatrice Orrico ha chiesto al segretario regionale del PD, Nicola Irto, di liberarsi di tutti i cacicchi e i capibastone che calpestano il suolo calabrese. E’ chiaro che la strategia di Peppino Conte non è localizzata a Bari, parte da lì per diffondersi nel resto dell’Italia.
C’è però un problema da risolvere. Mentre nella terminologia politica i cacicchi sono ben identificabili, grazie a D’Alema prima e a Boccia dopo, i capi bastoni lo sono un po’ meno.
I cacicchi sono i sindaci e i presidenti di regione che, con l’elezione diretta hanno assunto un ruolo e un potere forse esagerato. Si tratta per il PD di stabilire quali sindaci mettere alla porta e quali presidenti nascondere nello sgabuzzino. Per non fare troppa fatica la segretaria dem potrebbe cacciarli tutti ed accontentare la prima richiesta dei cinquestelle.
Invece, la seconda categoria è un po’ più complicata, perché non c’è un identikit ben definito del capobastone. Sarebbe necessario, prima di procedere, che la Schlein chiedesse a Conte di fare un una specifica dettagliata delle caratteristiche di questi soggetti e, possibilmente, anche un ritratto come quelli che affollavano le bacheche degli sceriffi nell’epico Far West, da appendere in tutte le federazioni e i circoli del PD.
Il tempo è maturo, le elezioni europee si avvicinano e non si può più perdere tempo. La stessa Schlein potrebbe dare il via al repulisti, magari lasciando fuori dalle liste all’ultimo minuto il primo tra i cacicchi, Antonio Decaro che, oltre a rivestire la carica di sindaco, è anche presidente nazionale dei sindaci italiani. E vissero tutti felici e contenti!

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