Politica

I diritti geografici e l’Italia differenziata

L’idea di autonomia differenziata che le tre regioni Lombardia, Veneto e Piemonte hanno immaginato, rivendicando una intesa con lo Stato addirittura per tutte le 23 materie potenzialmente oggetto di differenziazione, è qualcosa di diverso dalla valorizzazione delle autonomie che l’articolo 116 della Costituzione prevedeva.

La loro idea si basa sul principio di territorialità ed appropriazione delle entrate fiscali e quindi del residuo fiscale che, detratte le spese sul territorio dovrebbe invece rimanere allo Stato per esercitare le funzioni appunto statali.

E’ una idea bizzarra di uno Stato simulacro che potrà garantire diritti ed erogare servizi enormemente differenziati, più di quanto già lo siano adesso, da territorio a territorio. Diritti geografici con diseguaglianze insostenibili che dipendono dalla ricchezza del territorio, indipendentemente da ogni principio di unità nazionale, da ogni considerazione economica e di utilità sociale e perfino dal vantaggio competitivo che alcune regioni accumulano grazie al contesto nazionale.

Se quindi il cosiddetto residuo fiscale appartiene a un territorio i diritti saranno geografici e non delle persone. Ma se portiamo questo concetto molto primitivo sino in fondo perché Milano o Varese dovrebbero condividere qualcosa con le meno ricche province lombarde Como e Sondrio? Non è forse dei Milanesi la maggiore ricchezza? Ed ancora, spostando l’egoismo fiscale dai territori alle persone, perché le famiglie Berlusconi e Moratti dovrebbero pagare tante tasse per garantire servizi ai vicini di casa meno ricchi e ricevere eguali prestazioni? Perché dovrebbero finanziare con le proprie tasche ad altri gli stessi servizi di cui godono pagando molto di più?

 Una logica che non tiene conto della logica sociale e di principi di condivisione può non avere limiti e comportare un declassamento dello Stato sociale per i territori/cittadini meno ricchi dello stesso Nord.  

Già oggi il sistema tributario che è nazionale obbliga ad un identico prelievo chi matura lo stesso scaglione di reddito che poi riceve meno servizi al Sud e nelle aree meno sviluppate del Nord, in conseguenza della minore ricchezza dei concittadini.

Quindi a parità di prelievo un calabrese paga le stesse tasse del lombardo ma riceve meno servizi. Il calabrese anzi, in conseguenza del sottofinanziamento dei servizi (emblematico il caso della sanità dove spendiamo a parità di potere di acquisto meno della metà della Germania) e della povertà della regione, paga anche varie addizionali che servono a ripianare i deficit che annualmente si accumulano in conseguenza di un finanziamento ingiusto nei criteri ed insufficiente nell’ammontare e critico nella gestione spesso affidata a commissari scelti dal governo nazionale.

Già adesso quindi il principio di eguaglianza non garantisce ad un calabrese, a parità di reddito ed imposizione fiscale di avere gli stessi diritti e servizi di un lombardo. Ma a Calderoli e alla Meloni non basta, le diseguaglianze ingiuste devono essere codificate per sempre ed ampliate oltre ogni sostenibilità.

Qualsiasi organizzazione, centro di ricerca, studioso che abbiano un minimo di coscienza e competenza hanno espresso il proprio giudizio liquidatorio sulla proposta di autonomia differenziata come rappresentata da queste regioni cui si è aggiunta da poco la Liguria di Toti. Dalla Conferenza episcopale ai sindacati, da tutte le organizzazioni professionali della sanità e dell’Istruzione ad ogni osservatorio o studioso degno di questo nome.

La proposta di Calderoli e della maggioranza che l’ha approvata è quella di rompere l’identità nazionale che si fonderebbe da oggi solo sugli spaghetti e sulla nazionale di calcio e non più sui diritti ed i servizi essenziali che rappresentano invece la vera infrastruttura sociale del Paese.

Questa legge è tanto illogica che le conseguenze saranno disastrose per tutti, anche per il Nord. Ed il referendum non è tanto sul testo approvato quanto sull’esistenza stessa dell’Italia e sulla fiducia di costruire il futuro insieme. D’altra parte se un Paese si fa scrivere ed interpretare le regole costituzionali da un dentista (Calderoli), che già aveva chiarito i suoi veri obiettivi con la devolution del 2006, merita di ….essere curata dai giuristi. E così succederà con la sanità del centro sud, andremo dall’avvocato non avendo più mediciI

  • Demetrio Naccari Carlizzi

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