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La sinistra che confuse il “mezzogiorno” con l’ora del pranzo

Quant’era bella la nostra Costituzione quando prevedeva la valorizzazione del mezzogiorno.

Un mezzogiorno devastato dalla povertà, senza acqua, senza reti fognarie, senza infrastrutture piccole e grandi: una popolazione sfruttata alla quale veniva negata ogni forma di dignità umana. Da ultimo, un mezzogiorno devastato dalla guerra, dalle bombe degli alleati e dai predoni mafiosi. Un mezzogiorno però, che grazie a grandi intellettuali, aveva messo in risalto tutti i drammi che viveva ed era riuscito a diventare una questione. La questione meridionale da risolvere.

Il grido di dolore che si alzava dai quei territori fu accolto prima dai padri costituenti, che inserirono nella carta costitutiva la valorizzazione del mezzogiorno attraverso leggi specifiche e poi dai governi che, in attuazione di quel dettato, cambiarono le sorti del meridione. Certo, non riuscirono a risolvere tutta e per intero la questione anche per le carenze strutturali della classe politica meridionale, per l’assenza di un tessuto imprenditoriale virtuoso e per i tanti sprechi che accompagnarono quelle risorse.

In questo quadro la sinistra, con la riforma del titolo V, fece sparire dalla Costituzione la voce “mezzogiorno”, che ebbe un alto significato politico, sociale e culturale, per sostituirla con una fredda e tecnica dizione “fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale”.

La sinistra sancì, nel silenzio generale, la fine di una attenzione particolare alle diversità nord-sud, al fine di eliminarle. Una sinistra che privatizzava i beni pubblici, una sinistra non liberale ma liberista, innamorata dei “capitani coraggiosi” con i soldi degli altri, invaghita dei ceti produttivi del nord ed impegnata a svendere le partecipazioni statali che la Democrazia Cristiana aveva creato, sviluppato e tutelato , non poteva essere impegnata sul meridione , anzi doveva cancellarne le tracce anche nel documento fondativo della repubblica-

Alla parola mezzogiorno e norme speciali si poteva aggiungere altro, quello che non si poteva fare, ma fu fatto, era sbianchettare la storia. Una storia e una norma costituzionale che aveva, ad esempio, consentito l’emanazione del decreto Reggio, che diede un grosso contributo al cambiamento di quella città. Tale cancellazione era propedeutica e necessaria all’intera riforma per introdurre , dell’autonomia differenziata.

Con la riforma del titolo V, quindi, la sinistra non solo aprì l’autostrada all’autonomia differenziata ma determinò la fine del meridionalismo e della sua questione, sostituita nell’agenda politica dalla questione settentrionale. Solo pochi intellettuali non da salotto ne continuano a scrivere e parlare, inascoltati e isolati.

Non basta, oggi, stracciarsi le vesti per l’approvazione dell’autonomia differenziata, è necessario che il PD rilanci con forza i problemi del meridione e li faccia diventare centrali nella sua agenda politica, rinnegando tutti i suoi riferimenti degli anni ‘90. Missione difficile o quasi impossibile visto che questi soggetti, dalle retrovie, sono ancora protagonisti della sinistra. Demetrio Battaglia

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