Cronaca

Lavoro penitenziario: opportunità nella società dell’ inclusione

L’idea di promuovere iniziative tese alla formazione di chi è sottoposto a provvedimento dell’Autorità giudiziaria penale e alla creazione di prospettive  lavorative consente una concreta applicazione di quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione italiana ed in generale un risparmio ed un investimento per l’azienda o l’impresa che intenda procedere su questa direzione.

La necessità su cui si dovrebbe incentivare un impegno istituzionale o comunque un interesse pubblico e perché no un dibattito è quella di orientarsi verso un riconoscimento “collettivo” dei percorsi di risocializzazione a partire da quelli avviati durante la detenzione fino a quelli attivati attraverso misure penali a carattere non detentivo e che guardano a soluzioni che consentano di  rescindere in maniera indissolubile i legami con un passato negativo o comunque grigio e nebuloso rilanciando allo stesso tempo il tema di un reinserimento gradato al fine di superare l’aspetto problematico che ha causato al singolo individuo la misura coercitiva subita ovviamente con dei bilanciamenti connessi al tipo di reato contestato e per il quale è stata accertata la penale responsabilità.

Su questa prospettiva che gode di una tutela Costituzionale granitica è interesse della politica, degli enti istituzionali territoriali e delle forze sociali promuovere forme di sinergica collaborazione che metta insieme i vari livelli di governance con il mondo delle imprese, con le associazioni di categoria e con gli ordini professionali al fine di rendere concreti ed attuale questa traccia di lavoro.

In base all’ultimo aggiornamento disponibile il dato relativo ai detenuti che grazie alla legge 139/2000 lavorano per cooperative sociali e imprese esterne, evidenzia un costante incremento progressivo nel tempo, un dato incoraggiante che può essere ancora potenziato con le giuste sinergie istituzionali e con una campagna di comunicazione mirata e specifica.

Su questo tema l’Europa oggi chiede un drastico cambiamento di prospettiva: viene chiesto agli stati membri misure che attenuino il ricorso al carcere, diritti garantiti ai detenuti ed un idea di Giustizia Giusta che in Italia ha fatto qualche passo avanti con il Ministro Cartabia e che sembrerebbe possa completare questa traccia di lavoro con l’attuale Ministro di Grazia e Giustizia.

Oggi la prospettiva deve essere di creare lavoro e supportare le imprese in un quadro di armonia e di oggettiva sostenibilità .Da  Reggio Calabria può partire un segnale in questa direzione sia perché tramite al lavoro del Garante dei Detenuti si erano avviati dei percorsi per le persone sottoposte a custodia in carcere, sia perché oggi le poche aziende esistenti hanno un importante richiesta di manodopera a basso costo sia anche perché una sperimentazione che parta dal profondo sud può essere un segnale di cultura dei diritti negati per tutti.

La società dell’inclusione passa anche da questa scommessa che non è solo umana e sociale ma anche legata allo sviluppo economico ed alla sostenibilità.

Così facendo avremo città più sicure, maggiore lavoro e più incentivi da immettere nel circuito economico e produttivo del nostro territorio.* Antonino Castorina –  Avvocato del Foro di Reggio di Calabria e Consigliere Comunale nella città Metropolitana di Reggio Calabria

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