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Le incertezze del partito democratico e le contraddizioni della schlein

 Sarebbe forse il momento di porre l’attenzione sul modo, non sempre utile ed efficace con cui vengono assunte le decisioni e delineati gli indirizzi del partito. Si tratta di scelte che appaiono, a volte, adottate su base istintiva e poca visione strategica e tenendo in considerazione elementi solo parziali di quello che è, invece, il variegato e composito tessuto politico del Partito Democratico e della politica di oggi.

Le occasioni in cui questo si verifica sono diverse.

Alle primarie per l’elezione del Segretario nazionale, molti aderenti hanno votato convintamente per Elly Schlein, nella speranza che la sua elezione avrebbe provocato un terremoto tale da far cambiare regole e metodi, compresa la ricerca di nuovi consensi e adesioni selezionate non per genere, né per età, né per precedente appartenenza (con rottamazioni di renziana memoria c’è poco da stare sereni).  Tra l’altro, votare Bonaccini, per tanta parte degli iscritti al Partito Democratico, soprattutto al sud, sarebbe stato impossibile perché era, e resta, quel presidente di regione che ha firmato, e poi abiurato, il referendum sull’autonomia differenziata. Quell’autonomia che, all’inizio farebbe arricchire il Nord e renderebbe poverissimo il Sud e, alla, fine impoverirebbe anche il Nord che intanto non avrebbe più a chi vendere le proprie produzioni.

Il PD ha inventato le primarie che avevano dato speranza di cambiamento attraverso la elezione diretta del segretario e fatto delineare il PD come il partito della democrazia interna, il partito delle primarie. Oggi le primarie non si fanno più (si vedano Sardegna, Abruzzo, Firenze, Basilicata, Parlamento Europeo)!

Quest’anno, gli iscritti si sono ritrovati sulla tessera l’immagine di Enrico Berlinguer, grande uomo di sinistra, di buon senso e che aveva come principio il bene del Paese. Aveva promosso accordi con un grande democristiano come Aldo Moro e teorizzato con lui il “compromesso storico”. Un uomo di spessore che Bertinotti qualche giorno fa, in una trasmissione televisiva, ha definito “il comunista” e che rappresenta un ramo importantissimo dell’albero della sinistra. Però, se si accetta che l’albero abbia, oggi, tanti rami, non si può dimenticare che abbia anche tante radici. E molti non possono non restate delusi, se non addirittura irritati, e non porsi la domanda sul perché Berlinguer e non anche De Gasperi o Moro o tanti altri che sono, anch’essi precursori di questo PD. Naturalmente si tratta di una provocazione, perché sulla tessera basterebbe il simbolo, non sarebbe necessaria l’iconografia per provare a guadagnar qualche voto.

I democristiani, per non dire degli ex repubblicani, socialisti, liberali, all’interno del partito sono tanti e silenziosi e altrettanti sono gli elettori ex aderenti a quelle compagini che oggi non votano perché non c’è un partito di riferimento che li convinca con idee, progetti, programmi e riferimenti che li possano sensibilizzare

Infine, si gioca col fuoco con la candidatura nelle file della sinistra di Ilaria Salis. La fiamma è già scoppiata con le inutili dichiarazioni del padre del neo candidata che ha coinvolto il PD rivelando riservati contatti dello stesso con la dirigenza del Partito. L’idea non ha certo i consensi di cui si dice perché, comunque, si tratta di una giovane donna che si è recata in Ungheria per prendere a martellate i suoi avversari ideologici pur, probabilmente, essendo consapevole del rischio che le lesioni personali, in Ungheria, sono punite fino a 24 anni di galera. C’è da chiedersi: la politica della sinistra che sceglie Ilaria Solis, si interesserà, anche dei 2663 italiani sparsi nelle carceri di tante nazioni del mondo? Si vuole candidare anche loro al parlamento europeo?

 Domenico Francesco Richichi (componente delle Direzione regionale drl PD Calabria)

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